On Air: With Me - Sum 41
Misi in moto la macchina ancora prima di allacciarmi la
cintura. Cos’ era tutta quella fretta? Avevo paura di rincasare alle 2 e mezza
di notte, forse? In un’altra situazione sì.
In quel momento, invece, avevo solo fretta di non farmi
raggiungere dai pensieri e dalle paure.
Avevo ancora le labbra arrossate dai suoi baci, e con
quella sensazione di gioia sarei voluta rimanere almeno per tutto il viaggio.
Scrutai il mio sguardo nello specchietto retrovisore non
appena fui ferma al primo semaforo rosso. Eccola lì, quella che io chiamo “la rughetta della preoccupazione”: era spuntata fuori come al solito tra le sopracciglia
corrucciate. Troppo tardi, non ero riuscita a sfuggire dalle paure.
Pensai ancora che l’amavo davvero tanto e non riuscii a ricordare quante volte gliel’avessi ripetuto quella stessa sera.
Pensai ancora che l’amavo davvero tanto e non riuscii a ricordare quante volte gliel’avessi ripetuto quella stessa sera.
Mi aveva lasciato la sua felpa nera, che ora indossavo, e
sentire il profumo del suo odore lì, con me, mi faceva impazzire. Mi portai il
cappuccio al naso e inspirai profondamente ad occhi chiusi.
Tornai con la mente a pochi minuti prima quando, stretta nel suo abbraccio, mi chiese:
Tornai con la mente a pochi minuti prima quando, stretta nel suo abbraccio, mi chiese:
<<Tu non hai capito quanto ti amo, vero?>>.
Non seppi cosa rispondere al momento.
Il suo retorico interrogativo mi rimbalzava nella testa come la pallina di un
flipper. Ricordo che riuscivo a pensare solo ad un'altra domanda:
<<Quanto mi
ami? Quanto?!>>
Sospirai e riaprii gli occhi: il semaforo era già
diventato verde, chissà da quanto! Guidai veloce, con la musica alta nelle
orecchie, le note delle canzoni che le piacciono che rimbombavano nelle casse, zigzagando
tra le macchine sul rettilineo di via Tibaldi.
Quella sera mi aveva vista rattristata, ma ne aveva frainteso il vero motivo. Certo, ero triste per la sua partenza, ma sapevo che quello, dopotutto, era il meno: mi sarebbe mancata tantissimo, ma poi sarebbe tornata e avremmo ripreso a frequentarci come se niente fosse successo.
Quella sera mi aveva vista rattristata, ma ne aveva frainteso il vero motivo. Certo, ero triste per la sua partenza, ma sapevo che quello, dopotutto, era il meno: mi sarebbe mancata tantissimo, ma poi sarebbe tornata e avremmo ripreso a frequentarci come se niente fosse successo.
Ma no, quella sera travisò il mio sguardo: lei, che mi
legge sempre dentro con una facilità pazzesca!
La mia tristezza era dovuta al solito motivo, che non potevo sempre ripeterle per non farla rattristare a sua volta e per non opprimerla.
La mia tristezza era dovuta al solito motivo, che non potevo sempre ripeterle per non farla rattristare a sua volta e per non opprimerla.
Già, avrei voluto
che fossimo solo io e lei. Avrei voluto che il suo amore per me bastasse a farle
scegliere di stare con me, rischiando tutto. In quel momento era la cosa che
più desideravo… e che più mi spaventava! Certo, perché io sapevo di non essere
abbastanza per lei, di non essere alla sua altezza. E questa paura mi portava
sempre a partorire la stessa domanda: “e se sacrificasse la sua relazione per
mettersi con me e poi si pentisse?” Le rovinerei ancora di più la vita.
Ma ogni relazione inizia con il rischio, con l’incertezza.
E’ anche quello il bello di costruire una storia con qualcuno.
<<Quanto mi ami? Quanto sei disposta a rischiare per questo amore?>>
<<Quanto mi ami? Quanto sei disposta a rischiare per questo amore?>>
Prima che me ne potessi accorgere la mia vista si era
appannata: gli occhi mi si stavano gonfiando di lacrime che, prontamente,
scacciai con una brusca passata di mano.
<<Non devo piangere! Non da sola…>> mi ripetevo a bassa voce <<…non senza di te, che sei l’unica che mi può consolare!>>
<<Non devo piangere! Non da sola…>> mi ripetevo a bassa voce <<…non senza di te, che sei l’unica che mi può consolare!>>
Ed era vero: non piangevo mai di fronte a
lei! La mia tristezza o il mio malessere interiore veniva soffocato e
sostituito dalla gioia del momento vissuto a pieno. Non c’era spazio per le
lacrime, non c’era tempo per la tristezza! Solo amore, solo il piacere di quel
presente insieme!
Mi asciugai di nuovo gli occhi e sorrisi. Dopotutto stavo
bene! Ero felice di dare e ricevere quell’amore, ero felice di poter sperare,
di poter sognare...
Arrivai a casa tutto sommato tranquilla, con la mente
occupata dal suo sorriso allegro e dal suo sguardo brillante e innamorato.
Anche lei aveva un modo particolare di guardarmi e di
sorridermi che mi faceva sentire davvero speciale. E non solo in intimità, ma
anche davanti agli altri. Mi piaceva piacerle, e avrei gradito che tutti
sapessero del nostro amore!
Il giorno seguente partì per New York con il volo delle
10 del mattino. Non la sentii per ore, ma pensai a lei in continuazione,
nonostante la giornata frenetica scandita tra visite ospedaliere, commissioni urgenti
e discussioni con terzi.
Pensai che mi mancava terribilmente, che avrei voluto
stringerla a me, cadere sul suo letto abbracciata a lei, lasciarmi avvinghiare
dalle sue braccia e dalle sue gambe.
<<Lo faccio perché ho paura che tu possa andar via, che tu
ti possa stufare di questa situazione e che mi possa lasciare. E io non voglio
lasciarti andare!>>. Giustificava così quel suo tenermi quasi legata a sè. Pensai
solo che non potevo andarmene, non avrei mai voluto. L’amavo troppo, in una
maniera tale che se avessi preso la decisione di lasciarla probabilmente mi
sarei sentita come privata di tutti gli organi vitali contemporaneamente.
Ormai era parte di me, ormai era il battito del mio
cuore, il mio respiro, il mio fremito di piacere….
In poco più di un mese lei era
riuscita a diventare il mio “tutto”!
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