Diario personale di fatti realmente accaduti ed emozioni fortemente provate.
Ma anche no.

venerdì 22 febbraio 2019

Mela su ramo alto.

Li vedo tutto il giorno, tutti i giorni.
Li ho tra le braccia, per consolarli o per una coccola. Ogni tanto qualcuno si confonde, e mi chiama 'mamma', se non addirittura 'papá'.
Compro giochi, libri, colori, per loro. A fare la spesa ho il carrello pieno di pannolini, salviettine umide, creme allo zinco. Ogni tanto qualche mamma con un bimbo nel passeggino, vedendo il carrello stracolmo di queste cose, mi lancia un'occhiata complice. Io la accolgo, e ancora un altra volta non ribatto con quel "guardi, non sono per il mio" che mi si ferma lì, invece, in gola, con l'amaro da deglutire.
Mi capita di pensare "fossi tua mamma ti verrei a prendere prima, al nido, e starei con te di più!". Poi insabbio da sola le mie parole prima che escano dal limbo dei pensieri. Forse farei così, anche io. Lo fanno tutte! O forse lo fanno perché li danno per scontati, questi bambini.
"Li ho fatti perché la società dice che è bene farli. E poi, vuoi mettere avere un complice, contro papà, quando crescerà?".  "E chi la sentiva la suocera?". "Una famiglia è tale solo se si hanno bambini".
Me li vedo davanti questi pensieri sterili, partoriti da donne impegnate in altro, nella vita. Non saranno tutte così, certo. O almeno lo spero.
Ma io aspetto. Come quando vedi una mela matura su un ramo troppo alto che non puoi raggiungere.
Lascio passare i giorni. La mela può essere beccata, può marcire, può cadere. Può non arrivare mai alle mie mani, perché qualcuno o qualcosa me lo impedisce.
Mi sento così, ora.
E sono stanca di immaginare di abbracciare un neonato con le fossette e il sorriso-gengiva, o di sognare gli ex che si fanno una famiglia solo grazie a un coito. 
Non è giusto. Non va bene. Non resisto. Non respiro. Quasi. Più.
E scoppio, sempre.
(Mia figlia dovrei chiamarla Lacrima.)