Diario personale di fatti realmente accaduti ed emozioni fortemente provate.
Ma anche no.

lunedì 31 marzo 2014

Formicolii

Mi è rimasto un formicolio lì, sul lato del labbro superiore che si è gonfiato.
Incastrati tra le labbra sono rimasti i nostri baci e i sorrisi mattutini. Quelli che non abbiamo più fatto in tempo a regalarci.
Restano i denti stretti con cui ho dovuto dormire stanotte e la testa pesante. Brutti compagni di letto, fastidiosi quanto me che russo.
Hai reagito così infastidita, ieri, per colpa mia. Mi dispiace, ero stanca e sovrappensiero, non volevo rinfacciare certe cose…di cui nessuna di noi due ha colpa.
Ma andare a letto con te accanto fredda e imbronciata mi smantella la testa, e da lì tutto il resto.


Mi restano tra le dita le carezze che non hai voluto ieri: quando ti va passa a ritirarle.

lunedì 24 marzo 2014

la mia magnolia in fiore


C'è qualcosa di incredibilmente profumato nell'aria, odore mieloso di magnolie in fiore, di sole che scalda le ciocche di capelli e di erba tagliata. Da stamattina mi sembra passata una settimana, da questo strano sabato, invece, un mese intero. Siamo quindi già a primavera inoltrata? Mi sono persa qualcosa?
Ripenso ai miei stati d'animo, alla rabbia passata di qualche giorno fa,  seppellita con baci e carezze. Mi resta un inspiegabile alone nella testa, domande irrosolte, su te e su di me. Una è "perchè fai così, che esageri e poi ti chiudi?" e l'altra è "perchè un tuo gesto dolce è capace di scacciar via ogni nuvola di rancore in me?".
Forse sarà perché amo anche i tuoi difetti, perché in fondo li conosco ormai, so in cosa sei forte e in cosa fragile (anche se non lo ammetti), so a cosa tieni, cosa è importante per te e di cosa invece non ti curi. Anche se in certe situazioni io e te etichettiamo come "importanti" e "da tenere in considerazione" (nel bene e nel male) cose che magari all'altra sembrano sciocchezze: io che mi infastidisco se ti preoccupi ancora per lei, e se sento nominarla troppo spesso; tu che invece ti inalberi se non hai le prove di quello che sai fare bene, fosse anche una fotografia orribile scattata in circostanze pessime.
Siamo particolari, uniche, sanamente diverse ma alla fine compatibili. E mi piace anche questo, di noi.
Penso a tutto questo mentre cammino sotto un sole pallido, mentre vado a lavorare, mentre guardo le magnolie fiorite.
Va sempre a finire che penso a te quando mi emoziono davanti a una cosa bella. E questo sorriso sulle mie labbra è quasi sempre merito tuo!


venerdì 21 marzo 2014

La cicciona, la strabica, i peruviani. E il mal di testa.

Hai quei giorni alle porte, e basta un niente per farti girare gli ormoni. La donna è salita a Corvetto; si è fatta largo tra la gente sulla banchina, in malo modo, inseguendo per qualche mentro il vagone della metropolitana che rallentava man mano.
Sale, e si fionda su di un seggiolino. E’ grassa, ingombrante, e mastica. Mastica a bocca aperta,  in un modo suino, fastidioso, facendo rumore.
Ha un sacchetto di plastica sulle gambe ora, da cui continua a tirare fuori manciate di frutta secca, pistacchi, mandorle, che si ficca in bocca a mano aperta, senza ritegno. Mi urta i nervi. Prende una noce dal sacchetto e se la porta tra i denti, per romperne il guscio. Poi mi fissa, con uno sguardo bovino, vacuo. La guardo ma non mi soffermo, e dal nervoso distolgo lo sguardo.
Di fianco a lei una signora bionda guarda fuori dal finestrino; è strabica, di quello strabismo evidente, da occhio pigro e immobile. Guarda fuori, oltre la mia testa, ma quell’altro occhio è fisso su di me. Mi domando se si rende conto di fissarmi, nonostante quella sbagliata convergenza oculare.
La metro si ferma, salgono due ragazzi peruviani, mano nella mano. Si piazzano davanti a me, con le loro gambe corte, lui col culo di fuori, lei con la pancia che straborda dalla cintura. Limonano in modo indecente, scambi di saliva eccessivi e fuori luogo mentre la metropolitana che riparte li fa ballare avanti e indietro per l’accelerazione.
Alla ciocciona cade il sacchetto di noci a terra. Le piccole palline marroni rotolano per il vagone, impazzite. Qualcuno si china, la strabica guarda. I peruviani ridono, e tornano a slinguarsi.
La grassa non accenna ad alzarsi, ma aspetta che le riportino la frutta. “Troppo gentili, troppo gentili…” continua a ripetere. Recuperato il bottino, ricomincia a mangiare, guardandosi attorno furtivamente. 
Decido di isolarmi leggendo. Ma ormai la tranquillità è compromessa, e mi ritrovo fissa sulle stesse parole per minuti interi, senza proseguire nella lettura. Mi accade quando ho la testa satura, fuori fase.
Mi innervosiscono ancora certe cose; mi innervosisce il ricamo che ci faccio su; e mi innervosisce l’innervosirmi sapendo che non c’è nulla per cui innervosirsi. Do la colpa al ciclo, agli ormoni, alla stanchezza della giornata, alla mancanza di sesso, al sonno.
Mi giustifico con me stessa, perché non voglio credere di essere così intollerante. Ma le giustificazioni che trovo mi fanno solo incazzare ancora di più. E forse stasera voglio solo essere incazzata con qualcuno, e allora meglio che sia l’obesa che mangia, la strabica che mi fissa, o la coppia di giovani peruviani. Gente ignara, gente che non sa, gente che questa sera sarà sfruttata per assorbire questo fastidio.


Ho voglia di dormire. E di partire. E di una mano che mi accarezza piano, lì dove c’è un dolore che mi prende alle tempie e mi porta dritta, sdraiata sulla poltrona, tra brividi di freddo sospetti. Ho voglia di lasciarmi cullare a lungo, in silenzio, senza domande. Ma per stasera, per il momento, niente: c'è della solitudine nel vuoto della mia fronte nuda su cui nessuno sta posando un bacio. Che aspetto. 

giovedì 6 marzo 2014

Un mazzo di chiavi sul tavolo [Il tuo tavolo. E le mie chiavi.]

Sono la felicità racchiusa in un barattolo trasparente, con fori larghi per uscire.
Una lucciola potente che ronza attizzata, sbavando qua e là sulle pareti del vaso, lasciando scie luminose di eccitamento in ogni direzione.
Devo contenermi io stessa in quel barattolo. Devo dare un freno a questa bocca che si allarga, lasciando scoprire pure i premolari sensibili, e a queste nuove rughe di espressione intorno alle labbra che prima non avevo, alle fessure di occhi, all’iride umida, al gorgoglìo gutturale di gioia infantile che piano piano mi sale dal cuore tutte le volte. Ghiii… Ma allo stesso tempo odio dovermi dare un contegno.
Sì, dannazione, lo ammetto: fossi un cane avrei il culo perennemente al fresco, a furia di scodinzolare!
Mi hai fatto trovare le chiavi di casa accanto al piatto della cena, ieri sera. Mi è caduto lo sguardo su quelle piccole superfici riflettenti. Ho capito e ho sorriso. Te lo sei persa quel mio gongolare, il prenderle e il rigirarmele tra le dita, studiandole, inondandole subito di una spiritualità materiale a cui solo noi possiamo dare significato.
Tutto quello che c’era da dire te l’ho detto nell’abbraccio che è seguito poco dopo, ce l’avevo sulle labbra umide quando ti baciavo.
Faccio parte della tua vita…è quello che volevo, è quello che voglio, ed è quello che vorrò sempre: starti accanto, scambiandoci gli amori, intrecciandoli così stretti da formarne uno soltanto!

E mi sento di dirti grazie!

domenica 2 marzo 2014

Fil Rouge

Sto riprendendo in mano le mie redini.
Sto tessendo la mia tela. Ho il mio fil rouge in mano e non ho intenzione di mollarlo, adesso.
Forse è una cagata e mi sto sopravvalutando; mi succede così raramente che non so neanche se sia questo il caso. Probabile... (ecco, la sopravvalutazione è già finita.)
Eddai cazzo, cavalca l'onda finché c'è! Surfa un po' sulla schiuma bianca per vedere cosa si prova! Se poi non fa per te, o ricominci andandoci cauta, oppure cambi sport... che sarà mai?!
Fabula.
Personaggi.
Idea.
Modalità.
Manca l'intreccio, e questo è da studiare ben bene se non voglio ottenere l'effetto mapazzone (vista la quantità di carne sul fuoco questa volta!)
Non mollare, dai...! Fai qualcosa per te, una volta tanto!