Diario personale di fatti realmente accaduti ed emozioni fortemente provate.
Ma anche no.

venerdì 9 agosto 2013

mercoledì 7 agosto 2013

Manchi

Mi manchi. Mi manca la tua voce, mi mancano i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo profumo. Mi manca mettermi rannicchiata nel tuo fianco, mentre con il braccio mi cingi le spalle e mi tieni appoggiata a te!
Sto bene, è quasi tutto a posto. Ma mi manchi!
Appena riavrò il tuo sorriso a portata di bacio mi ci incollerò con queste mie pazienti labbra, di cui tu e solo tu hai l'esclusiva...
Non vedo l'ora!
Ti amo!

Non so che fare...

Cosa cazzo gli sta succedendo? Sono passati dieci mesi, dieci dannatissimi mesi! Gli ho lasciato spazio, gli ho lasciato tempo per metabolizzare. Volutamente mi sono allontanata, pensando di fare il bene per entrambi. Io sono felice, ho proseguito e portato avanti la mia vita, vivendola a pieno, rischiando, cadendo e rialzandomi...e sperando. Non sopporto chi non spera, chi non tenta, chi non risica, nella vita. Ad ogni delusione si deve essere in grado di reagire. Ad ogni sberla che la vita ti da, bisogna imparare a cercare il rovescio della medaglia. Sono l'unica a questo mondo che sa reagire così?
bho.. forse.. Non lo so.
Ma perché sono così cattiva? Stasera avrei avuto vogli di picchiarlo. Di dargli uno di quei malrovesci pedagogici, genitoriali. Avrei voluto prenderlo e dirgli "Svegliati! Reagisci, cazzo! Il mondo è pieno di ragazze migliori della sottoscritta! Tirati su, indossa un sorriso e vai a prendertele!"
Ma non posso farlo, e non mi crederebbe un attimo. La verità è che non so più come comportarmi con lui, e sentirlo parlare di suicidio e depressione mi ha destabilizzata; mi ha seriamente messo paura. Non so cosa fare.

martedì 6 agosto 2013

Unconfortable.



<<Come? Come sarebbe a dire che ti senti scomoda?>>
Sophie bevve ancora un sorso del suo the freddo, ponderando dentro la testa le parole più adatte per rispondere.
<<Non lo so. E’ una sensazione che ho da qualche tempo quando sto con te. Negli ultimi mesi più del solito, a dire il vero...>>
<<Perché non me ne hai mai parlato?>> gli occhi dell’uomo iniziarono a rabbuiarsi.
Un silenzio scomodo e pesante cadde sui due. Era una di quelle pause talmente dense di imbarazzo che si potrebbero affettare con un coltello. Chi attende la risposta vorrebbe non aver posto la domanda; e chi deve parlare sinceramente vorrebbe trovare una scappatoia per girare intorno a quella verità che fa male.
E Sophie, la verità, la disse: <<Perché noi non parliamo più, pà!>>
D’un tratto la poltrona in pelle su cui sedeva suo padre era diventata dura e scomoda come la pietra. L’uomo sospirò profondamente:  il classico sospiro impegnativo, di chi si arrende di fronte all’evidenza.
<<Hai ragione>> sussurrò poi, con lo sguardo fisso a terra. <<Quando hai smesso di essere la mia bambina? Quando abbiamo iniziato a trattarci da estranei, io e te? Ricordi quanto eri fiera se qualcuno diceva che mi somigliavi, che sembravi proprio figlia mia? Con questa personalità complessa, corazzata e dura da penetrare, ma con un animo sensibile e amabile, in fondo. Forse abbiamo lasciato che le nostre corazze si irrigidissero troppo. Perché ci siamo messi sulla difensiva?>>
Sophie non sapeva da dove iniziare. Si era chiesta molte volte se quell’allontanamento si sarebbe potuto evitare se entrambi si fossero comportati diversamente. Ma di “se” non si campa, e facendo supposizioni non avrebbe risolto di certo il problema che ora esisteva con suo padre.
<<Hai smesso di ascoltarmi, di spingermi verso le mie ambizioni, e invogliarmi come un padre fa con un figlio. Ad ogni mio successo aggiungevi solo una critica. E ad ogni mio fallimento, un’ovvietà a cui ero già arrivata. E, proprio perché sono come te, dovresti sapere che il mio animo sensibile avrebbe avuto bisogno di una pacca sulla spalla ogni tanto; di qualche riconoscimento; di un sincero “sono fiero di te”. Non credo di aver mai sentito queste parole uscire dalla tua bocca, papà! Ho sgretolato ogni mia fantasia, crescendo troppo in fretta, maturando responsabilità e senso di realtà prima del tempo. “Roba da bambini, i sogni”, dicevi. “Meglio stare coi piedi per terra, così la vita ti riserverà meno sorprese quando ti sveglierai!”.
Beh, una vita senza sogni e senza la voglia di provare tutto per realizzarli non ha senso. E avresti dovuto avvisarmi di questo, piuttosto che spingermi a crescere senza ambizioni.
Hai criticato le mie scelte in ogni ambito, e per me vale come un’enorme critica alla mia esistenza. Per ultima non poteva mancare la tua brillante uscita a proposito della mia scelta di amare un’altra ragazza e sul pensiero di farmi una famiglia.>>
<<Se è di questo che si tratta… beh, lo sai che non condivido certe cose, e non posso farmi violenza mentale per poterle accettare.>>
<<Lo so, e non ti ho mai chiesto di farlo. Ma tra il non accettare e l’augurarsi di essere morto se la propria figlia dovesse avere un figlio non concepito nel metodo tradizionale, papà, c’è parecchia differenza!>>
Il padre sembrava ormai senza difese. Sophie, invece, era esausta. Non avrebbe voluto proseguire, ma sapeva che per provare a sistemare le cose, avrebbe dovuto sputar fuori tutto quanto la turbava dentro.
<<Papà, hai mai contato quante volte mi rivolgi la parola in un giorno?>>
<<Ma che cosa stai blater…?>>
<<Oggi?! Oltre alla conversazione che stiamo facendo ora?  Tre. Sì, le ho contate. Sono tre!  La prima: ti ho salutato stamattina, io. La seconda: ti ho chiesto se avessi voglia di pranzare con me e mio fratello. Cosa che poi, ovviamente, non hai fatto. La terza: ti ho cercato per sapere che cosa avresti voluto fare domani, visto che volevo organizzare una gita in montagna per te. Tre volte in un giorno, e per giunta su domande mie. Ho motivo di sentirmi leggermente “scomoda”, non voluta in casa?>>
<<La colpa non è solo mia, Sophie. Sei tu che ti sei allontanata, e hai deciso di essere un’ospite nella tua stessa casa. Vai e vieni solo quando ne hai voglia, non chiedi e non domandi. Io e tua madre siamo di troppo nella tua vita. Per uscire tutti insieme per una pizza tua madre ha dovuto chiedertelo con una settimana di anticipo. Ti pare anche questo il modo di comportarsi?>>
<<Forse sbaglio anche io, hai ragione. Ma i miei motivi riguardando una situazione che sicuramente anche tu avrai vissuto. Voglio passare del tempo con la persona che amo, perché voglio creare con lei dei momenti solo nostri, in cui provare a coltivare l’amore che è nato qualche mese fa e che ha bisogno di attenzione e premura, come ogni relazione che si rispetti. Non voglio trascurare lei, e non voglio trascurare voi, sia chiaro. E' normale che non possa essere più presente come un tempo in casa. Ma questo che cambia?! E’ una cosa così naturale…! Sei così solo perché il mio tempo lo trascorro con qualcuno che amo e che tu non condividi. Fosse stato un ragazzo non ti saresti arrabbiato tanto, vero?>>
<<Non lo so, Sophie. Non lo so… Io ti voglio bene; io voglio il  t u o  bene! E devo dirti che non è così che avrei immaginato la tua vita; non è così che avevo immaginato di lasciarti andare via da me…>>
<<Lascia stare, pà. Alla fine si torna sempre a parare lì: saremo anche simili, ma qualche ideale differente ce l’abbiamo. E sai cos’è la cosa più triste che mi viene da pensare, ora? E’ che non siamo riusciti neanche a farlo davvero, questo discorso. E’ rimasto solo nella mia testa. Non ha senso iniziare una discussione con te proprio perché saprei esattamente ogni tua risposta, ogni tuo inerpicarti su ideali e morale, tirando fuori un Dio fatto su misura (la tua misura!) per provare a convincermi di qualcosa che, secondo me, neanche tu accetti fino in fondo. Dai, finiamola qui, non ha senso iniziare la rincorsa se poi so che sbatterò per l’ennesima volta contro la tua corazza.Mi fa male, lo sai… ma ti voglio bene. Nonostante tutto.>>