Mi sarebbe piaciuto mantenere un ricordo di te positivo.
Dico così perché lo sappiamo entrambe: non ci vedremo più.
Ti credevo forte, in grado di rialzarti dopo una caduta.
Ti
credevo obiettiva e intelligente, dietro quella facciata menefreghista.
Sbagliavo.
Credevo
che a quarant’anni una persona matura non sentisse più il bisogno di fare
dispetti, di provocare e cercare di impietosire chi sta lei vicino.
Sei diventata un muro di mattoni insormontabile, una parete
che hai eretto da sola. Mattone dopo mattone hai deciso di alienarti dal
passato, vivendo poi in un presente di angoscia e dolore.
Mi hai spinto via e questa è stata la tua difesa. Ma io c’ero,
seppur con una valenza diversa. Ho provato ad esserci ugualmente: sopportando
all’inizio, dandoti i tuoi spazi e il tuo tempo, poi. Infine allontanandomi del
tutto nel momento in cui ho compreso che il problema non ero io, ma tu. Mi sono
stancata di combattere contro i mulini a vento, di rincorrere, di giustificarmi
per errori che non commettevo. La mia colpa è stata provare ad essere felice, girare pagina, prendere coraggio e avere fiducia nei miei sentimenti.
Però al tempo stesso, mentre questa consapevolezza mi cresceva dentro, ho perso ogni parola di conforto per te, ogni singolo pensiero di colpa che varcava la soglia della mia mente veniva indirizzato prontamente verso l’uscita sul retro. Io, ora, non so più che dire perché tu non sai più ascoltarmi.
Però al tempo stesso, mentre questa consapevolezza mi cresceva dentro, ho perso ogni parola di conforto per te, ogni singolo pensiero di colpa che varcava la soglia della mia mente veniva indirizzato prontamente verso l’uscita sul retro. Io, ora, non so più che dire perché tu non sai più ascoltarmi.
Ti auguro di trovare il modo migliore per superare questa
tua mancanza in cui – sicuramente - inciamperai ancora nel corso della tua
vita.
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