Sono due giorni che mi vengono in mente i ricordi di
quest’estate. Non so perché, a dire il vero. Sarà che quando hai un po’ di
malessere e sei costretto a riposare il fisico, la mente ha largo spazio per
cavalcare in lande senza fine.
Ti guardo, sdraiata sul divano, avvolta nelle due coperte.
Stai male, sei bollente e febbricitante; alterni il sonno a una veglia sofferente. Mi
fa male vederti così… Ma voglio starti accanto ed occuparmi di te.
Prima di tornare sdraiata accanto a te per abbracciarti e
donarti il mio calore, mi siedo al tavolo: computer, liquirizie gommose e mal
di schiena. Ho voglia di scrivere, ma mi torna in continuazione il ricordo di
quest’estate.
Mi vedo sulla moto: i ciuffi di capelli sfuggiti al casco
che mi solleticano il naso, il fresco dell’aria sulle gambe, il sole che
picchia sulle braccia scoperte e abbronzate. Tu sei davanti a me, guidi l’883
su strade sconosciute, costeggiate da colline. Le macchine ci vengono incontro
veloci; le seguo con gli occhi e poi le lascio andare. Guardo il cielo azzurro
e sorrido. Penso che sono felice e quel viaggio mi piace proprio.
Mi allungo un po’ di più in avanti e ti cingo la vita con le
braccia. Vibro quando la tua mano guantata stringe le mie. Non so spiegarmelo,
è una cavolata, lo so. Ma si somma a tutta quella gioia che già provo. Mi sento
un bambino il mattino di Natale, nell’eccitazione di quella magia: quando si accorge
dei doni sotto l’albero si esalta ancora di più, quasi da togliersi il fiato.
Il cuore manca un battito tutte le volte che ricevo ogni tuo
piccolo gesto spontaneo.
E continua ad essere presente, questa sensazione mai banale,
che mai accenna ad andarsene.
E’ bene così!
Questa volta voglio amare per un tempo ben più lungo della
vita di una farfalla.
Che sia per ottanta, cent’ anni o centotrenta, poco mi
cambia.
Ecco.
Ora mi immagino noi, settantenni in Harley, col vento tra i
capelli, lo smanicato in pelle;
e rido, rido contenta.
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